Uno
POV di Emiliana
"Papà..." mormorai, con la voce spezzata dopo aver pianto troppo a lungo.
Il fruscio delle foglie sotto i miei stivali risuonava forte nel silenzio del cimitero tranquillo. I miei occhi color nocciola si riempirono di lacrime mentre fissavo la tomba di mio padre. Dirgli l'ultimo addio era stato molto più difficile di quanto avessi immaginato.
"Emiliana, dobbiamo andare presto. Non metterci troppo," disse Alfa Domenico.
Avevo quasi dimenticato di non essere sola lì.
"Non ci metterò troppo," risposi, appena udibile.
"Ti aspetto in macchina," aggiunse prima di allontanarsi.
Mio padre era morto durante un attacco al nostro branco, il Branco della Mezzaluna, da parte dei nostri peggiori nemici. Per onorare la sua memoria, Alfa Domenico aveva deciso di prendermi con sé e farmi vivere con la sua famiglia, dato che ero rimasta orfana.
Per quanto potesse sembrare rassicurante, tremavo di paura al pensiero della mia nuova vita. Non solo avrei vissuto nella casa del branco, ma anche sotto lo stesso tetto dei figli gemelli dell'Alfa Domenico! Ovvero i miei bulli del liceo.
Ero sempre stata quella diversa, la ragazza su cui tutti si accanivano per via della mia presunta maledizione. Dopo che mia madre era morta pochi giorni dopo la mia nascita, venivo continuamente tormentata perché considerata una bambina maledetta; una morte subito dopo il parto era vista come segno di maledizione nel Branco della Mezzaluna.
Come se non bastasse, avevo il rango sociale più basso del branco, ero un'omega, il che mi rendeva automaticamente un bersaglio per i bulli, soprattutto frequentando l'Accademia Rifugio Lunare grazie a una borsa di studio, una scuola riservata ai ranghi più alti.
I tregemini, Tristano, Carlo e Luca, si erano presi la briga di farmi soffrire e ricordarmi il mio posto.
La mia mente tornò a un ricordo non troppo lontano, uno dei tanti momenti in cui i gemelli rendevano la mia vita insopportabile.
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Avevo appena chiuso il mio armadietto, pronta a dirigermi alla lezione successiva, quando Tristano, Carlo e Luca mi hanno bloccata vicino agli armadietti.
Con un'altezza di circa un metro e novanta, erano decisamente più alti di me. Tristano, il più loquace del trio, sorrise maliziosamente, appoggiandosi agli armadietti.
"Guarda, guarda, chi ha deciso di farci l'onore della sua presenza," disse con disprezzo, fissandomi negli occhi e mettendomi a disagio.
Carlo, alla destra di Tristano, aggiunse con un sorriso furbo: "Vedo che il tuo senso della moda non è migliorato."
Mi dimenai a disagio mentre gli occhi di Carlo mi scrutavano da capo a piedi; mi sentivo nuda sotto il suo sguardo. I miei jeans neri sbiaditi e la maglietta rosa sembravano stracci rispetto ai loro abiti lussuosi.
Luca, il silenzioso, osservava con uno sguardo freddo.
"Ovviamente, lei è praticamente lo zimbello del branco," ironizzò Tristano.
Ridevano tra di loro, traendo piacere dal mio disagio. Serravo i pugni, determinata a non mostrare quanto profondamente le loro parole mi ferissero.
"Sai," sussurrò Carlo avvicinandosi, "forse se fossi un po' più intelligente, la tua sola presenza non sarebbe un tale imbarazzo."
"Basta!" urlai esasperata, stanca delle loro continue prese in giro.
Il corridoio si fece immediatamente silenzioso, e gli studenti di passaggio si fermarono, curiosi di vedere chi avesse osato alzare la voce contro i tre ragazzi d'oro dell'Accademia Rifugio Lunare.
Tristano, Carlo e Luca erano venerati qui. Erano quelli per cui tutte le ragazze perdevano la testa e speravano di poter uscire. Ogni ragazzo desiderava essere come loro, desiderando di prendere il loro posto. Il loro bell'aspetto, la ricchezza e le alte posizioni guadagnavano il rispetto del branco.
Luca, rompendo infine il silenzio, parlò con un tono gelido: "Non dimenticare il tuo posto, Emiliana. Non sei altro che una macchia in questo branco."
I tre se ne andarono lasciandomi lì, la mia facciata che andava in pezzi mentre si allontanavano, lasciando dietro di sé un eco di risate nel corridoio che si svuotava.
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“Emiliana!” La voce forte di Alfa Domenico mi riportò al presente.
“Oh- ehm-” balbettai, senza riuscire a trovare le parole.
“Sali in macchina,” ordinò.
Era già buio; non avevo idea che fossi persa nei miei pensieri per così tanto tempo.
Seguii in silenzio Alfa Domenico e presi posto sul sedile del passeggero mentre lui partiva.
La mia ansia aumentava man mano che ci avvicinavamo alla casa del branco. Mi chiedevo cosa avrebbero pensato i tre gemelli quando avessero saputo che avrei vissuto con loro. Pulii velocemente le lacrime secche e sistemai i capelli castani disordinati con le mani per cercare di apparire più presentabile. Non volevo certo dare ai gemelli un ulteriore motivo per prendermi in giro.
Poco dopo, arrivammo alla casa del branco.
“Aspetta qui, devo fare una telefonata,” disse Alfa Domenico e uscì, lasciandomi sola all'ingresso dell'enorme edificio.
Dopo alcuni minuti, non vedendo segni dell'Alfa, decisi di fare una breve passeggiata nel cortile anteriore della casa. Era la mia prima volta lì e, caspita! Questo posto era enorme e davvero lussuoso.
“Attenta!” Qualcuno gridò.
Mi girai verso la voce. Successe tutto così in fretta; prima che potessi battere ciglio, il mio viso colpì violentemente un pallone da basket.
“Ahhhhhhhhh” urlai spaventata mentre perdevo l'equilibrio, finendo nella piscina dietro di me e schizzando acqua ovunque.
Risate fragorose riempirono l'aria mentre cercavo di respirare nella grande piscina. I miei capelli bagnati si attaccavano al viso mentre faticavo a uscire dall'acqua. Perché la loro piscina doveva essere così grande?
“Accidenti, stai per affogare?” Sentii dire una voce profonda e familiare dopo che le risate si fermarono.
Prima che potessi rispondere, sentii delle braccia forti sollevarmi. Improvvisamente fui tirata fuori dall'acqua e messa a terra. Tossendo e sputacchiando, cercai di liberarmi l'acqua dagli occhi e vidi Carlo davanti a me, con il suo solito sorriso sornione.
“Sai come farti notare,” commentò, divertito.